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lunedì 27 maggio 2013

Arthropodization in Progress

La filogenesi degli Arthropoda primordiali è assai complicata e, in definitiva, piuttosto incerta. A fianco infatti degli Euarthropoda (i "veri" appartenenti a questo gruppo), abbiamo vari esempi di organismi con essi imparentati ma mancanti di diverse caratteristiche ad essi associati; cioè, abbiamo degli animali a vari stadi di artropodizzazione ma che non sono ancora pienamente associabili con gli illustri parenti. Basti pensare ai Dinocaridida, con i loro occhi composti e gli arti raptatori articolati: sebbene appartengano ad un phylum a parte, non per questo non mostrano comunque segni di una artropodizzazione “in corso”. Pertanto, ogni nuova specie che contribuisca a risolvere questo caos, tra Arthropoda veri e propri, e creature che assomigliano a (o che addirittura sono quasi) questi ultimi ma non lo sono, è un balsamo. Inoltre, la domanda più interessante riguarda l'origine della “artropodità”, cioè delle caratteristiche che uniscono i membri di questo gruppo: a cosa serve avere un corpo parzialmente ricoperto da un esoscheletro di chitina, a differenza di quello degli Arthropoda moderni? Inoltre, quali vantaggi rilevanti poteva offrire una completa sclerotizzazione della superficie esterna, oltre a quelli ovvi come protezione contro i predatori? L'analisi cladistica e la scoperta di una nuova specie appartenente a questo stem-group propongono nuove ed interessanti spiegazioni.

Un gambero di nome
Nereocaris


a) ROM 61831, olotipo di Nereocaris. b) ROM 61832, paratipo. c) ROM 61833, paratipo. d) Dettaglio della regione oculare di ROM 61833; evidenziata nell'immagine c). e) Dettaglio delle appendici toraciche di ROM 61831, evidenziate nell'immagine a. f) Dettaglio dello stomaco di ROM 61833, evidenziato nell'immagine c. Le sigle significano: ah, uncini anteriori; as, somiti addominali; dk, rostro dorsale; en, endopodite; ep, peduncolo oculare; ex, esopodite; gut, stomaco; le, occhi laterali; ltp, processi laterali del telson; lv, valva sinistra; mg, ghiandole dell'epatopancreas;  mtp; processo mediale del telson; pm, materiale fotorecettivo; sf, orlo setoso; ts, segmenti del torace (da  http://rspb.royalsocietypublishing.org/content/279/1748/4699/F1.expansion.html)


Nereocaris exilis Legg et al., 2013 è un Arthropoda proveniente dal Burgess Shale, pertanto appartenente al Piano 5 del Cambriano (intorno ai 510-505 milioni di anni fa). Si tratta di un organismo di dimensioni medio-grandi per il biota dell'epoca, dato che l'esemplare più lungo rinvenuto misura 142 millimetri dal confine superiore del carapace all'estremità del telson. Il carapace è di forma semi-ovoidale, lateralmente compresso (per questo gli esemplari sono conservati su un fianco), con una apertura frontale stretta che si espande notevolmente fino al margine dorso-ventrale posteriore dove si espande con un rostro quasi triangolare. Il margine posteriore è solo leggermente curvo. Sono presenti dei processi simili a dei corti uncini nel margine anteriore-ventrale. Sebbene la regione cefalica, scarsamente preservata, non presenti tracce di appendici, è possibile riconoscere due occhi composti peduncolati, aventi nei resti fossili sinora ritrovati un diametro massimo di 2.3 mm. La regione centrale di ogni occhio è costituita da un materiale altamente riflettente che si estende all'interno del peduncolo, interpretato come i resti fossilizzati del tessuto fotorecettivo. Tra i peduncoli si trova una protuberanza lunga fino a 3.9 mm. ; la presenza di una sostanza riflettente induce a ritenere che non si tratti di un'estrusione del carapace bensì di un occhio mediano particolarmente sviluppato, in maniera simile a Jugatacaris agilis Fu & Zhang, 2011. Gli arti sono biramosi, comprendenti un endopodite lungo fino a 8.6 mm. composto da 10 podomeri e da un piccolo esopodite semi-ovale con una fine peluria. Apparentemente, le appendici si trovano solo nel torace e diminuiscono di taglia via via che si avvicinano al margine posteriore del carapace. Il torace non è molto sclerotizzato, composto da 30-40 segmenti ad anello; sebbene sia assai plausibile, non è possibile dimostrare irrefutabilmente che ad ogni paio di appendici corrisponda un segmento. Invece, l'addome è molto allungato (occupa circa il 70% della lunghezza totale dell'animale) e ben sclerotizzato, nonostante i 60 somiti non siano distinti in tergiti e sterniti bensì costituiscano un unico anello.  I somiti prossimali al corpo sono più ampi rispetto a quelli distali. All'interno dell'addome è stata trovata una struttura mediale interpretata come lo stomaco, terminante con il telson. Si rinvengono anche delle strutture  che potrebbero essere delle ghiandole dell'epatopancreas. Infine, il telson porta tre gruppi di strutture spinose, caratterizzate da due processi laterali composti da tre elementi, di cui la componente più prossimale presenta delle corte spine lungo il processo posteriore-laterale mentre le parti distali sono più lunghe (fino a 33 mm.), spinose ed apparentemente fuse, e da uno mediale, lungo fino a 6 mm. e semi-triangolare. 
Plausibilmente, Nereocaris era un animale necto-bentonico, che sfruttava la parte posteriore del corpo per muoversi anziché le appendici toraciche, poco efficienti sia per camminare sul fondale sia per nuotare. La presenza di un rostro dorsale, dalla funzione simile ad una pinna, ed i processi del telson indicano che doveva essere molto agile oltre che veloce, e lo sviluppato apparato visivo doveva essere molto utile per accorgersi di eventuali pericoli. La cattiva preservazione delle appendici cefaliche non rende possibile determinare le modalità di alimentazione, sebbene l'assenza di apparati raptatori e masticatori adeguati porti ad escludere che si possa essere trattato di un organismo predatore. 

Arthropoda ed artropodizzazione



Cladogramma riguardo all'origine degli Arthropoda includente Nereocaris. I numeri alla base di ogni rappresentano ognuna delle caratteristiche artropodali visibili a fianco, e significano: 1, occhi composti; 2, braccia articolate; 3, arto biramoso e tronco di tipo artropodale; 4, veri arti raptatori; 5, sterniti ventrali distinti; 6, riduzione dei podomeri e presenza di una gnatobase rigida; 7, antenne; 8, madibole (da Legg et. al., vedi bibliografia)

Nereocaris appartiene al gruppo parafiletico dei cosiddetti "Arthropoda bivalvi", un clade che raggruppa una quantità di curiosi organismi ancestrali. In base all'analisi cladistica è stato possibile appurare che si tratta di un Arthropoda basale, anzi forse persino il più basale; addirittura, si può azzardare grazie a questo fatto una distinzione tra ciò che appartiene a quest'ultimo phylum e ciò che, invece, è stem-group o comunque sia appartenente al superphylum Panarthropoda. Si può definire, in base a questo cladogramma, che appartiene al phylum Arthropoda un organismo celomato (quale che sia la validità di questa categoria) schizocelico  a simmetria bilaterale, munito 1) primitivamente di occhi composti 2) di appendici articolate 3) primitivamente di appendici del tronco biramose ed articolate 4) di un esoscheletro del tronco di tipo artropodale (articolato e più o meno sclerotizzato, con una cuticola composta prevalentemente di chitina). Diciamo che, sulla base di questa nuova specie, sono queste caratteristiche il minimo comune denominatore per distinguere ciò che è realmente Arthropoda da ciò che non lo è; come si può notare, mancano infatti tutta una serie di tratti più derivati che si trovano invece negli Euarthropoda (quali le mandibole) e in altri organismi estinti (come arti raptatori e distinti sterniti ventrali). 
Una delle altre conseguenze di questa analisi è una possibile spiegazione riguardo all'origine dell'"artropodità": difatti, se Nereocaris era un organismo attivamente natante e si colloca alla base del gruppo, visto e considerato che anche gli Anomalocarididae (che sono il taxon più vicino agli Arthropoda conosciuto allo stato attuale) sono liberamente natanti non è lecito ritenere che lo sviluppo dei tratti tipici solo di Arthropoda (cioé appendici biramose ed articolate, nonché di un tronco di tipo artropodale)  si sia verificato per facilitare uno stile di vita natante? In fondo, un esoscheletro rigido permette un'inserzione più efficiente della muscolatura per il nuoto rispetto ad un corpo molle. Questa tesi è interessante perché non vede più un'origine strettamente bentonica o persino fossoria di questi animali, anzi è esattamente contraria a questa interpretazione e rimuove i cosiddetti "Megacheira" (quale che sia la validità effettiva di questo gruppo parafiletico) dal rango di taxon più basale, sostituendolo con gli "Arthropoda bivalvi".

BIBLIOGRAFIA

Fu & Zhang, "A New Arthropod Jugatacaris agilis n. gen. n. sp. from the Early Cambrian Chengjiang Biota, South China", Journal of Palaeontology 85(3), pp. 567-586, 2011
Legg, Sutton, Edgecombe & Caron, "Cambrian bivalved arthropod reveals origin of arthrodization", Proceedings of the Royal Society B 279, pp. 4699-4704, 2012

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