Con questo articolo inizio il ciclo delle "stranezze cambriane", ovverosia su quegli animali del Cambriano che, per un motivo o per un altro, sono stati oggetto di bizzarre, errate o curiose interpretazioni.
Prologo
Una delle difficoltà più evidenti di studiare i resti fossili degli organismi del Cambriano è dovuta sia alla rarità di giacimenti di quel periodo, sia al fatto che molte di queste creature avevano un corpo molle o scarsamente sclerotizzato. Pertanto, non solo è difficile rinvenire giacimenti (di cui un esempio storico e molto famoso è il Burgess Shale in Canada) contenenti fossili ben conservati, ma talvolta è ben difficile capire quali siano le reali affinità tassonomiche ed anche solo il reale aspetto dell'animale in questione. Di esempi è piena la storia: si pensi, ad esempio, Anomalocaris, i cui resti sono stati per decenni ritenuti essere animali di specie differenti (ma di questo parlerò più approfonditamente nei futuri articoli). Non deve stupire anche se diversi altri animali, come Nectocaris pteryx Conway Morris, 1976 hanno subìto lo stesso destino.
Prologo
Una delle difficoltà più evidenti di studiare i resti fossili degli organismi del Cambriano è dovuta sia alla rarità di giacimenti di quel periodo, sia al fatto che molte di queste creature avevano un corpo molle o scarsamente sclerotizzato. Pertanto, non solo è difficile rinvenire giacimenti (di cui un esempio storico e molto famoso è il Burgess Shale in Canada) contenenti fossili ben conservati, ma talvolta è ben difficile capire quali siano le reali affinità tassonomiche ed anche solo il reale aspetto dell'animale in questione. Di esempi è piena la storia: si pensi, ad esempio, Anomalocaris, i cui resti sono stati per decenni ritenuti essere animali di specie differenti (ma di questo parlerò più approfonditamente nei futuri articoli). Non deve stupire anche se diversi altri animali, come Nectocaris pteryx Conway Morris, 1976 hanno subìto lo stesso destino.
Direttamente da un bestiario medioevale?
...e la ricostruzione (da http://www.as.wvu.edu/~kgarbutt/EvolutionPage/Studentsites/Burgesspages/nectocaris.html)
Come si può ben vedere, le prime ricostruzioni di questo piccolo animale (l'olotipo misura poco più di un centimetro e mezzo) rappresentano una creatura quantomeno sconcertante, simile ad un essere emerso da un bestiario medioevale: testa di Arthropoda e corpo di Chordata, un essere simile ad un pesciolino a cui è stata asportata la testa e ne è stata messa una di gambero al suo posto, con delle strane appendici all'estremità simili a delle corte antenne. Nectocaris pare essere, in effetti, secondo questa visione, una creatura ben strana, che unisce in sé dei tratti tipici dei Chordata ad altri degli Arthropoda, due gruppi filogeneticamente lontani gli uni dagli altri: i primi Deuterostomia, i secondo Protostomia (quale che sia la validità di questa categoria tassonomica). I primi muniti (almeno in fase embrionale) di notocorda, i secondi invece di esoscheletro chitinoso, e così via. Comprensibilmente, Nectocaris appariva sconcertante dato che riuniva in sé le peculiarità di gruppi così distanti da loro, ed era giustamente oggetto di continue perplessità, che si conclusero apparentemente quando il professor Alberto Simonetta, nel 1988, attribuì il misterioso animale ai Chordata, dato che nell'unico (all'epoca) esemplare ritrovato apparivano i resti di una struttura tubulare, interpretata come un notocorda. Tuttavia, la storia di questa misteriosa creatura non era finita.
Un Cephalopoda primitivo?
In effetti, dei nuovi studi pubblicati nei 2010 hanno fornito un risultato sorprendente: Nectocaris era un organismo per certi versi incomprensibile perché non ben conservato, semplicemente. Il fossile aveva subito processi decompositivi e diagenetici che lo avevano pesantemente alterato, schiacciandone e ribaltandone il corpo e riducendo i lunghi tentacoli frontali a dei moncherini. In effetti, i nuovi resti di Nectocaris sono molto diversi dall'olotipo: niente testa da insetto (o gambero), niente strutture assimilabili ad una notocorda o a pinne sostenute da raggi, niente che possa far pensare ad un Chordata o ad un Arthropoda.
Piuttosto, gli esemplari esibiscono due tentacoli cefalici ben pronunciati, pinne laterali, un ampio canale assiale e delle branchie; in un altro esemplare, compare quello che si direbbe essere un imbuto ben sviluppato. Quella che era stata interpretata come una notocorda coincide, in realtà, con il canale assiale, cioè quello che dovrebbe essere lo stomaco dell'animale. Ragionevolmente, in base a questi nuovi esemplari Nectocaris potrebbe essere un Mollusca, magari persino un Cephalopoda primitivo privo di parti dure. Una scoperta eccezionale che però è già stata soggetta a critiche, a tal punto che è stato persino riassegnato ai Dinocarida assieme ad Anomalocaris; tuttavia, al momento l'ipotesi più plausibile rimane quella di un Cephalopoda primitivo, o quantomeno un essere che assomiglia molto ad un Cephalopoda (o ad un Mollusca) primitivo. La cosa che più stupisce è, in effetti, l'assenza di una conchiglia interna o esterna: dal momento che i più antichi appartenenti a questo gruppo di animali si suppone si siano evoluti dai Monoplacophora, l'assenza di questa struttura è quantomeno sospetta. Tuttavia, questa interpretazione getta nuova luce su altri possibili Cephalopoda cambriani, come per esempio Vetustovermis planus Glaessner, 1979 (che potrebbe essere, ad onor del vero, persino un sinonimo di Nectocaris), da lungo tempo ritenuti essere organismi di dubbia collocazione e che adesso potrebbero trovare posto in questo taxon. In ultima analisi, questa interpretazione di Nectocaris e (probabili) parenti consentirebbe di retrodatare di oltre una decina di milioni di anni la comparsa dei primi Cephalopoda, che sarebbero pertanto ben più antichi di quanto supposto in precedenza; infatti, i primi fossili di sicura attribuzione a questo gruppo di invertebrati (come Plectronoceras del Jiangshaniano, circa 490-495 milioni di anni fa) sono decisamente più tardi. Infine, l'assenza di conchiglia (presente ad esempio in Plectronoceras) potrebbe indicare che Nectocaris sia in realtà un organismo già piuttosto derivato e non una forma poi così arcaica come si potrebbe pensare.
BIBLIOGRAFIA
Dzik, "Origin of Cephalopoda", Acta Palaeontologica Polonica, vol. 2, pag. 161-188, 1981
Simonetta, "Is Nectocaris pteryx a Chordate?", Bollettino di zoologia, vol. 55, pag. 63-68,1988
Smith & Caron, "Primitive soft-bodied Cephalopods from the Cambrian", Nature, vol. 465, pag. 469-472, 2010
Mazurek & Zaton, "Is Nectocaris pteryx a Cephalopod?", Lethaia, vol. 44, pag. 2-4, 2011
Kröger, Vinther & Fuchs, "Cephalopod origin and evolution: A congruent picture emerging from fossils, development and molecules", BioEssays, vol. 33, pag. 602-613, 2011
Un Cephalopoda primitivo?
In effetti, dei nuovi studi pubblicati nei 2010 hanno fornito un risultato sorprendente: Nectocaris era un organismo per certi versi incomprensibile perché non ben conservato, semplicemente. Il fossile aveva subito processi decompositivi e diagenetici che lo avevano pesantemente alterato, schiacciandone e ribaltandone il corpo e riducendo i lunghi tentacoli frontali a dei moncherini. In effetti, i nuovi resti di Nectocaris sono molto diversi dall'olotipo: niente testa da insetto (o gambero), niente strutture assimilabili ad una notocorda o a pinne sostenute da raggi, niente che possa far pensare ad un Chordata o ad un Arthropoda.
Le fotografie dell'articolo di Smith & Caron, illustranti vari esemplari di Nectocaris in diverse posizioni (da http://www.nature.com/nature/journal/v465/n7297/fig_tab/nature09068_F1.html)
Piuttosto, gli esemplari esibiscono due tentacoli cefalici ben pronunciati, pinne laterali, un ampio canale assiale e delle branchie; in un altro esemplare, compare quello che si direbbe essere un imbuto ben sviluppato. Quella che era stata interpretata come una notocorda coincide, in realtà, con il canale assiale, cioè quello che dovrebbe essere lo stomaco dell'animale. Ragionevolmente, in base a questi nuovi esemplari Nectocaris potrebbe essere un Mollusca, magari persino un Cephalopoda primitivo privo di parti dure. Una scoperta eccezionale che però è già stata soggetta a critiche, a tal punto che è stato persino riassegnato ai Dinocarida assieme ad Anomalocaris; tuttavia, al momento l'ipotesi più plausibile rimane quella di un Cephalopoda primitivo, o quantomeno un essere che assomiglia molto ad un Cephalopoda (o ad un Mollusca) primitivo. La cosa che più stupisce è, in effetti, l'assenza di una conchiglia interna o esterna: dal momento che i più antichi appartenenti a questo gruppo di animali si suppone si siano evoluti dai Monoplacophora, l'assenza di questa struttura è quantomeno sospetta. Tuttavia, questa interpretazione getta nuova luce su altri possibili Cephalopoda cambriani, come per esempio Vetustovermis planus Glaessner, 1979 (che potrebbe essere, ad onor del vero, persino un sinonimo di Nectocaris), da lungo tempo ritenuti essere organismi di dubbia collocazione e che adesso potrebbero trovare posto in questo taxon. In ultima analisi, questa interpretazione di Nectocaris e (probabili) parenti consentirebbe di retrodatare di oltre una decina di milioni di anni la comparsa dei primi Cephalopoda, che sarebbero pertanto ben più antichi di quanto supposto in precedenza; infatti, i primi fossili di sicura attribuzione a questo gruppo di invertebrati (come Plectronoceras del Jiangshaniano, circa 490-495 milioni di anni fa) sono decisamente più tardi. Infine, l'assenza di conchiglia (presente ad esempio in Plectronoceras) potrebbe indicare che Nectocaris sia in realtà un organismo già piuttosto derivato e non una forma poi così arcaica come si potrebbe pensare.
BIBLIOGRAFIA
Dzik, "Origin of Cephalopoda", Acta Palaeontologica Polonica, vol. 2, pag. 161-188, 1981
Simonetta, "Is Nectocaris pteryx a Chordate?", Bollettino di zoologia, vol. 55, pag. 63-68,1988
Smith & Caron, "Primitive soft-bodied Cephalopods from the Cambrian", Nature, vol. 465, pag. 469-472, 2010
Mazurek & Zaton, "Is Nectocaris pteryx a Cephalopod?", Lethaia, vol. 44, pag. 2-4, 2011
Kröger, Vinther & Fuchs, "Cephalopod origin and evolution: A congruent picture emerging from fossils, development and molecules", BioEssays, vol. 33, pag. 602-613, 2011
Nessun commento:
Posta un commento